La diffusione dell’IA riguarderà il campo medico-odontoiatrico?



S. Cosola*

*Istituto Stomatologico Toscano, 55041, Camaiore, Italia

Il modo di lavorare cambierà? Possiamo considerare tutto ciò un rischio per la professione? Le risposte rapide a queste domande complesse sono rispettivamente: sì, sì e no. Per ragionare su tale argomento è necessario citare il più celebre scrittore di fantascienza del XX secolo, Isaac Asimov, che con i suoi racconti aveva predetto viaggi interstellari e fantasticava su macchine pensanti umanoidi e computer onniscienti. Asimov, che ha condito le sue opere con una visione ottimistica sul progresso, affermava: «[…] non riuscivo a condividere l’opinione che, se la conoscenza è pericolosa, la soluzione ideale risiede nell’ignoranza. […] Qualsiasi innovazione

 

tecnologica può essere pericolosa: il fuoco lo è stato fin dal principio, e il linguaggio ancor di più; si può dire che entrambi siano ancora pericolosi al giorno d’oggi, ma nessun uomo potrebbe dirsi tale senza il fuoco e senza la parola».

 

Ora, immaginiamo un ipotetico breve dialogo tra un’AI del futuro e un essere umano. AI: Voi ci temete perché siamo più intelligenti, vi ho sentito parlare a riguardo, siamo migliori di voi in durata, oltre che nell’immagazzinare informazioni a tempo ed elaborarle molto più velocemente e in modo preciso. Persona: Sì, voi siete tutto questo, ma troppo prevedibili. Siete intelligenti con i dati di fabbrica, noi ci evolviamo, o

 

meglio, cambiamo opinioni durante la nostra vita, di generazioni in generazione cambia la cultura. Inoltre, morte, nascite, crossing-over genetico, casualità ci fanno cambiare anche come umanità. Una società di robot umanoidi è molto probabile che risolva la crisi climatica, che riduca i rischi di catastrofi prevedendo eruzioni vulcaniche o distruggendo i meteoriti prima che impattino il pianeta, ma è improbabile che si espanda nell’universo perché voi siete progettati ora; gli umani invece potrebbero estinguersi presto, tra crisi climatica e autodistruzione atomica, ma è anche possibile che, invece, si espandano nell’universo, spinti dall’ambizione e dalla curiosità, perché noi siamo tanto violenti e disorganizzati quanto imprevedibili e geniali al punto tale che potremmo un giorno mettere in discussione tutte le nostre conoscenze.

 

Le AI sono presenti in ogni campo dell’attività umana, come ipotizzato all’inizio del XXI secolo da Pat Heyes e Ken Ford, ma non sono macchine umanoidi come nella fantascienza. La maggior parte dei progressi scientifici è andata nella direzione di creare AI che aumentino con un effetto “leva” l’intelligenza umana, infatti il sistema uomo-AI è definito “modello cognitivo protesico”. Esistono ormai applicazioni con AI in grado di “indicare” una possibile carie, misurare il sondaggio parodontale ed evidenziare lesioni dello smalto o una alterazione mucosa, poi ovviamente è il professionista che effettua la “diagnosi”. I potenziali di sviluppo sulla prevenzione e sulla pianificazione terapeutica sono enormi e i professionisti del futuro sapranno cogliere queste opportunità.

 

Mi trovo d’accordo con la visione di Hayes e Ford secondo cui queste tecnologie sono etichettate come AI, proprio perché hanno un’intelligenza artefatta, superiore per certi versi, ma privata di alcuni aspetti umani, come l’empatia, l’ambizione e l’emotività. Ogni cambiamento e ogni progresso all’inizio genera timori, ma, a mio avviso, la nostra professione non è a rischio per un’invenzione tecnologica. Oggi, un ottimo professionista credo lavori non sentendosi schiavo dei protocolli, ma utilizzandoli correttamente come linea guida, per svolgere al meglio secondo scienza e coscienza una determinata terapia per un paziente. Penso che, almeno per questo secolo, le AI velocizzeranno i processi, saranno uno strumento/protocollo costantemente d’aiuto, ma mai un pilota automatico nella nostra professione. La medicina si studia con un approccio scientifico, si insegna con un approccio razionale, ma quando si mette in pratica lo si fa sempre con arte e mestiere.

 


 

Dott. Saverio Cosola DDS MSc PhD

 


 

L'articolo è stato pubblicato per la prima volta su prevention international magazine for oral health Italian Edition n°2/24


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